Attenzione! Contiene spoiler!
Fin dalle prime pagine de Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini intuisci che è un libro che farà piangere.
Due bambini amici, divisi da status, razza e cultura nell’Afghanistan pre-invasione russa. Il povero è buono fino al masochismo, il ricco è un pochino stronzo, ma, la storia è narrata da lui, sa di esserlo e sa che se ne pentirà .
Per le prime pagine del libro dai una chance all’autore in virtù dello stile scorrevole e della curiosità per così dire etnografica per le usanze di questo paese così martoriato. Poi però ti accorgi di essere capitato in una versione long playing di uno dei famigerati racconti mensili del libro Cuore, dove il cattivo è sempre più cattivo e il buono è sempre più buono. Lo schema è esattamente quello: c’è il Derossi super buono e dotato, osteggiato dal Franti cattivo senza via d’uscita. Tutto visto con gli occhi umani di un Enrico Bottini di Kabul.
Il colmo si raggiunge quando si ritrova il cattivo Talebano sanguinario e pure pedofilo! Sconfitto dal protagonista e dal figlio del buono in un faccia a faccia che ricorda più il duello finale tra James Bond e il genio del male di turno che una realtà drammatica e vivida.