Glifo

GlifoGlifo di Percival Everett parla di Ralph, un neonato di 10 mesi intelligentissimo che si rifiuta di parlare. In compenso scrive bigliettini che mandano in agitazione tutti tranne la madre, che continua ad amarlo, ricambiata, come le mamme fanno con i figli, anche i più scapestrati. Il romanzo, scritto in prima persona da Ralph, descrive le disavventure semicomiche del bimbo, rapito da studiosi, dalla C.I.A., da due poveracci e perfino da un prete pedofilo (pare essere la moda del momento). Il tutto condito da riflessioni filosofiche sul linguaggio, sempre sul filo dell’ironia, tanto da far pensare ad un senti chi filosofeggia. In definitiva, il libro, nonostante l’idea originale e lo stile divertente, dopo un centinaio di pagine ha cominciato a stufare Zuck, che l’ha terminato il più presto possibile. Forse perché non è che vi abbia scorto molto di più che un divertissement (?) per teorici del linguaggio.

Pare che, potenza del marketing 2.0, il libro abbia anche un blog.

La mania per l’alfabeto

La mania per l’alfabetoCome i miei venticinque //feed reader// ben sanno, per me un romanzo è trama, intreccio, varietà dei personaggi e magari qualche morto //ammazzato//. Invece La mania per l’alfabeto di Marco Candida non ha niente di tutto //questo//.
Dopo le prime pagine, già mi preparavo a cercare una //scusa// per non stroncare un libro che, in definitiva, parla di Marco Candida che //cerca// di scrivere un libro.
Però, man mano che andavo avanti con le pagine, mi trovavo a //volerne// leggere ancora di più. E a perdere le //stazioni// a cui scendere, assorbito dai vaneggiamenti di cui Michele, il protagonista, riempie milioni di post //it//. A leggere orazioni funebri scritte dalla morta stando in piedi sull’autobus, non appoggiandomi agli //appositi// sostegni. Ad attraversare la strada con gli occhi sulle pagine in cui Fran scopre che tutto il mondo gli //tende// imboscate.
Come potete ben capire, il vostro //beneamato// Zuck è rimasto esterrefatto da questa inspiegabile //malìa// che l’aveva catturato. Poi ha capito che era tutta colpa dei piccoli //esserini// che stanno dentro al computer.

Rio – Leonardo Colombati

RioRio è il nuovo romanzo di Leonardo Colombati. Confronto a Perceber, che era assorbiva il lettore (e l’autore, penso) in una storia enciclopedica con infinite biforcazioni, questo è un romanzo “normale”. E a me, è piaciuto molto di più.
La storia è quella di un giovane romano che affronta a Londra uno dei punti di svolta di quella che potrebbe essere una brillante carriera, ma si fa affascinare da un vecchio scrittore conosciuto nell’atmosfera torbida di un club per nudisti: il Rio Center.
A tratti esilarante, a tratti riflessivo, a tratti psichedelico con una goccia di thriller e di follia. Il tutto condito con riferimenti musicali (un esempio è spiegato in roiordie) di grande effetto.
Un parallelo si potrebbe fare con Perduto per sempre di Roberto Moroni, per come descrive i thirty something di oggi, sempre schiacciati da figure paterne ingombranti. Padri di successo, ossessionati dalle donne, ma sempre disprezzati dai figli.

Gli anni della mia pubertà

Il dio che due decenni prima s’era atomizzato sulla Gioventù Bellissima e scopereccia che a S.Tropez sventolava la bandiera nera dei pirati, a Parigi quella rossa di Mao Tse Tung e a Rimini quella gialla di Pettenati, proprio nei primi anni della mia pubertà aveva deciso di incidere sulle Tavole un nuovo comandamento ad uso e consumo dell’universo femminile: DIMENTICATEVI LA FICA.

Leonardo Colombati – Rio